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Il villaggio Ain Karim di San Nicolò, nel cuore della Valfurva, a 1400 mt di altitudine, ha ospitato il campo adulti di Azione Cattolica di Fiesole, dal 4 all’11 agosto. Quest’anno mi ha reso particolarmente contenta perché il gruppo più numeroso che vi ha partecipato, proveniva proprio dalla mia parrocchia, San Martino a Mensola. Complessivamente eravamo 54 persone provenienti da varie parrocchie della diocesi. Il gruppo formato da singoli, coppie e famiglie è stato accompagnato per tutto il periodo da don Paolo Dei e don Carlo Brogi assistenti spirituali di AC, insieme ai neoeletti del consiglio adulti e della presidenza.

Il tema, del campo, che ha fatto da filo conduttore per i nostri incontri e riflessioni è stato il testo della bolla di indizione per il Giubileo 2025 di Papa Francesco, “Spes non Confundit” dal titolo “Pellegrini di Speranza”. Seguendo ogni giorno un libretto predisposto abbiamo riflettuto su brevi passi del testo della bolla di indizione del Giubileo dove si elencavano i “segni di speranza” che come cristiani siamo chiamati a dare nella società, con la nostra vita e le nostre azioni.

Con questo testo del Papa abbiamo riflettuto giorno dopo giorno, sugli otto segni di speranza che siamo chiamati ad esprimere: Segni di speranza per la pace, per il desiderio di trasmettere la vita, per i detenuti, per i malati, per i giovani, per gli anziani e per i poveri.

Non sono mancati amici di AC che sono venuti al campo per incontrarci e parlare con noi su alcuni temi, oggetto della riflessione sia personale che di gruppo. Il primo di questi interessanti incontri è stato quello con la dottoressa Silvia Landra, psichiatra, che lavora con i detenuti del carcere di Bollate a Milano. Silvia Landra ha aperto il tema sui “segni di speranza per i detenuti”, partendo dal suo vissuto, in quel mondo così particolare e tragico, che lei conosce bene, definendolo “Segni di speranza in un mondo disperato”. Ci ha raccontato di alcuni casi personali, di vita vissuta, molto toccanti, alla base dei quali però, non deve mai venire meno la speranza. Una speranza però radicata nel presente e concretizzata in azioni di supporto e accompagnamento. Silvia Landra ci ha guidato anche in una interessante riflessione sull’affermazione che padre Adrien Candiard, giovane filosofo e frate domenicano, fa nel suo ultimo libro “La speranza non è ottimismo” dal sottotitolo -note di fiducia per cristiani disorientati-. A partire da questa affermazione, di padre Candiard, e suddivisi in quattro gruppi, ci siamo confrontati riguardo al comune pensare e alla facile associazione/sovrapposizione dei due termini, “speranza e ottimismo”. Siamo così giunti a comprendere che la speranza e l’ottimismo non sono affatto la stessa cosa, perché l’ottimismo si ciba di utopismo, la speranza invece, si sposa semmai, con il realismo. L’esempio più calzante, prosegue Candiard, nel suo libro, ce lo fornisce la bibbia, in un suo racconto, del 587 ac. e precisamente il libro del profeta Geremia. Nella tragica storia del popolo d’Israele, deportato a Babilonia, Geremia incoraggia il suo popolo dandogli la speranza in un Dio che non lo abbandonerà mai, ma lo invita anche a vivere il presente realisticamente. Una speranza quindi non ottimistica fondata sul “tutto andrà bene”, ma radicata nel presente, in un oggi da vivere e affrontare con le proprie forze. “Sperare nella realtà è credere che Dio ci rende capaci di atti eterni, atti di amore nella nostra storia”.

Un altro momento molto intenso, è stata la riflessione di padre Giancarlo Bruni sulla speranza. Il padre ci ha ricordato come questo atteggiamento sia un “fenomeno umano”, un’attesa di un bene futuro, perché ciò che tarda arriverà. La speranza è uno “stato d’animo aperto alla novità”, al “non ancora” in questo modo si può aprire per tutti un cammino che è “la tomba della disperazione” per vivere una speranza unita fortemente alla fede. “La fede si concretizza nelle azioni con la speranza di bene per ogni creatura”.

Per parlarci dei “segni di speranza per i poveri” è venuto a trovarci, per qualche giorno, don Paolo Tarchi, che ricopre l’incarico di direttore della Caritas diocesana. Don Paolo ha iniziato con una citazione dagli scritti di San Giovanni Crisostomo, padre della chiesa, nel passo dove ammonisce i cristiani dicendo: "Onorate il corpo di Cristo nei poveri”. Proseguendo il suo intervento ci ha ricordato che tutti dovremmo avere ben presenti i “valori della vita cristiana”, che si possono identificare in 5 importanti pilastri: Il valore della persona umana, del bene comune, della destinazione universale dei beni, della sussidiarietà e della solidarietà.

A seguire abbiamo avuto una bella testimonianza di alcune volontarie del movimento “Mato Grosso" che operano in America Latina, Perù, Bolivia ed Ecuador. I volontari operano in villaggi sperduti, cercando di favorire l’educazione scolastica per i bambini fino all’università e con il loro lavoro forniscono l’aiuto economico alle famiglie povere e disagiate. Un esempio bellissimo di solidarietà concreta e speranza di bene e riscatto per i più bisognosi.

Il momento associativo è stato curato da Simona Granchi e Marco Novedrati, proponendo al gruppo il “SondACcio”. Durante la giornata venivano inviate, sui telefonini, delle domande a risposta multipla, che servivano a chiarire e informare sulla storia, le finalità e le caratteristiche dell’associazionismo laico. A conferma dell’attenzione e la cura che l’AC pone alle nuove generazioni, una sera, abbiamo avuto un collegamento video con il gruppo giovani di AC che si trovava in valle D’Aosta per il loro campo scuola. C’è stato un gioioso scambio di saluti anche con il vescovo Stefano Manetti che si trovava da loro in visita.

Durante il campo non sono mancate le gite e le camminate, con percorsi e sentieri che hanno riempito di bellezza i nostri occhi, con montagne rocciose, boschi e prati rigogliosi, torrenti e laghi alpini. Abbiamo visitato Livigno e Bormio e il bel santuario della Madonna di Tirano dove è stata celebrata una Messa.

Insomma, un campo, come sempre completo, che ha arricchito e reso felici tutti gli amici di AC che ogni anno si ritrovano, e anche coloro che vi hanno partecipato per la prima volta. Il clima di grande fraternità che si respira, durante la settimana del campo, lascia in tutti tanta gioia, anche per la ricchezza del ricordo di piccoli gesti di gentilezza, vicinanza, premura e attenzione, che insieme ai sorrisi, gli abbracci i canti e le risate, fanno dire che in AC si vive una vera esperienza di comunità fraterna che rimane nel cuore … a tutti, ancora grazie!

Loriana Milani (San Martino a Mensola)

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